1978 - Alluvione in val Vigezzo

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Bremen
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da Bremen » 04/08/2018, 19:36

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ABFe 6/6
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da ABFe 6/6 » 11/08/2018, 19:37

1978-2018: 40 anni dopo l'alluvione (parte1)
6 agosto 2018, 31 Commenti
Temi: Tempo

[...]

Tanta, troppa pioggia quel giorno
Forse non tutte le nuvole di questa terra raggiunsero in quei tragici momenti il Ticino ma quelle che transitarono scaricarono tanta, troppa pioggia. L’eccezionalità dell’evento del 7 agosto 1978 fu data proprio dall’estensione della zona con le abbondanti precipitazioni: dall’Alta Mesolcina alla Valle di Blenio, dalla Calanca alla Valle Onsernone, dalla Val Maggia fino alle Centovalli, continuando poi in territorio italiano fino alla Val Sesia. Un’area vastissima su cui, in poco più di un pomeriggio, caddero in molte località più di 200 l/m2, superando quello che normalmente ci si aspetta durante l’intero mese di agosto. Il massimo fu registrato a Camedo, con 318 l/m2, a indicare la posizione della zona delle massime precipitazioni, a cavallo fra Svizzera e Italia.

[...]

Quel giorno le stazioni di misura, prese singolarmente, non registrarono dei nuovi record di pioggia. Ma l’insieme delle precipitazioni stabilì un poco invidiabile primato: fu la giornata in cui sull’insieme del Sopraceneri cadde più pioggia da quando, nel 1864, in Svizzera sono effettuate misure sistematiche. Sull’intero territorio del Sopraceneri (Mesolcina e Val Calanca incluse) caddero in 24 ore in media 185 litri/metroquadrato, complessivamente poco meno di 1/10 del volume del Lago di Lugano. Un valore mai raggiunto in nessun altro evento.

[...]

Il maltempo perfetto
Le precipitazioni abbondanti sul versante sudalpino non sono una novità. Ma ciò che avvenne 40 anni fa fu qualche cosa di eccezionale: gli ingredienti si combinarono alla perfezione per dare vita a precipitazioni temporalesche che in poche ore (la fase più intensa durò dalle 15:00 alle 19:00 – ora locale) riversarono un mezzo diluvio su una vasta zona del versante sudalpino. I rapporti scritti sull’evento ci permettono di ricostruire lo sviluppo della situazione meteorologica che portò al tragico maltempo. Nel corso del giorno precedente aria per agosto insolitamente fredda si avvicina dalle Isole britanniche. La zona che separa l’aria fredda in avanzamento e quella calda preesistente (il fronte freddo dunque) arriva fino alle Alpi. Ma, invece di attraversare come di norma l’arco alpino, il fronte freddo si arresta proprio sopra le Alpi, poco a nord di una linea che approssimativamente va dalle Centovalli verso l’Alta Mesolcina. Una delle ragioni per l’arresto del movimento del fronte è identificata in una seconda invasione di aria fredda che da nord si sposta nella giornata del 7 agosto dapprima verso i Pirenei e in seguito fin verso il Nord Africa favorendo lo sviluppo di forti venti (una cosiddetta corrente a getto) che da sudovest soffia dal Golfo del Leone verso la Polonia, passando proprio sopra le Alpi e lo sviluppo di un’attiva zona di bassa pressione sul Mediterraneo occidentale. Corrente a getto e zona di bassa pressione “collaborano” assieme per sospingere verso il Sopraceneri e le regioni circostanti aria di origine mediterranea, molto calda e umida.

[...]

Per circa 12 ore proprio sopra queste regioni si verifica l’incontro / scontro di due masse d’aria con caratteristiche molto diverse fra loro: aria inusualmente (per il mese d’agosto) fredda proveniente da nord, aria molto calda e umida proveniente da sud. A testimonianza di questa differenza nel tardo pomeriggio del 7 agosto a Locarno si misurano 15 °C, mentre a Lugano ve ne sono ben 25 °C. L’intensità dell’afflusso di aria caldo-umida è testimoniato dallo scirocco che soffia con raffiche fin verso i 90 km/h a Lugano e Locarno. Questo afflusso si mantiene invariato per diverse ore continuando in pratica a rifornire di “combustibile” (= aria molto calda e molto umida, ben oltre la norma, di origine nord-africana,) le celle temporalesche che possono in questo modo continuamente rigenerarsi, scaricandosi sull’ampia zona descritta all’inizio. I venti in quota sono tali da trasportare le zone di precipitazione ben oltre le Alpi e anche nella Svizzera orientale le precipitazioni causano diversi danni e disagi. Anche senza considerare il Ticino, il 62% della superficie svizzera, ricevette il 7 agosto 1978 più di 70 litri/metroquadrato di precipitazione ! Solo verso la mezzanotte il fronte freddo si mette in movimento verso est, abbondonando gradualmente le nostre regioni. Finalmente le precipitazioni iniziano a cessare.

[...]

Come fu predetto il maltempo?
L’arrivo di una perturbazione temporalesca fu riconosciuto da coloro che allora erano di servizio presso quello che si chiamava ancora l’Osservatorio ticinese di Locarno-Monti con alcuni giorni di anticipo. Nel bollettino emesso il 5 agosto si indicava per il 7 agosto tempo “molto nuvoloso e rovesci o temporali”. Il giorno successivo si iniziò a parlare di tempo “molto nuvoloso, con precipitazioni temporalesche anche abbondanti”. La durata delle precipitazioni fu pure correttamente prevista, poiché per l’8 agosto si preannunciava il “passaggio a tempo soleggiato”. Nessuna informazione però sulle zone più colpite, ne che i quantitativi sarebbero passati alla storia. Ma quello ero lo “state-of-the-art” del tempo, difficile fare di meglio. Non bisogna dimenticare che nel 1978 si lavorava ancora “ a mano”, partendo soprattutto dalle informazioni fornite dalle osservazioni sinottiche e dai radiosondaggi sparsi un po’ in tutt’Europa. Era l’epoca dei metodi di previsione empirici, basati sull’analisi di casi analoghi. I modelli numerici muovevano i primi timidi passi e avevano un passo di griglia sui 200 km (i punti più vicini a noi erano la zona del Monte Bianco e Brescia, fra di loro nessuna informazione dunque). I modelli a scala locale erano ancora confinati ai sogni dei meteorologi (il primo modello numerico locale gestito da MeteoSvizzera risale al 1993). Il radar del Monte Lema ancora non era stato costruito (sarebbe entrato in funzione pure nel 1993) e quelli di La Dôle e dell’Albis erano in buona parte schermati dalla catena alpina. E i satelliti? Beh, loro iniziavano a fornire le prime immagini, ma molto generiche se paragonate a quelle odierne.

[...]

Fu emessa un‘allerta?
No, non fu emessa nessuna allerta specifica. Per il semplice motivo che allora le allerte maltempo e i sistemi di allertamento non esistevano, se non nei desideri di qualche meteorologo visionario. Non vi erano i mezzi tecnici né per elaborarle in modo efficace, né per distribuirle rapidamente. Il maltempo del 7 agosto 1978 diede però una spinta ulteriore al loro sviluppo, aprendo un percorso che portò MeteoSvizzera e le autorità cantonali a collaborare negli anni successivi. Il centro di Locarno-Monti e il Cantone Ticino furono pionieri in questo campo e le prime allerte sperimentali furono emesse proprio sul versante sudalpino. Da allora, metaforicamente (ma non solo) molta acqua è passata sotto i ponti. Ricevere oggi un’allerta maltempo sul proprio telefonino mentre si sorseggia un aperitivo è l’attuale “state-of-the-art” di un percorso di evoluzione tecnologica pluridecennale, e che continua tutt’ora.

1978-2018: 40 anni dopo l'alluvione, (parte 1)
di Marco Gaia, meteorologo, MeteoSvizzera.
https://www.meteosvizzera.admin.ch/home ... rte1-.html
1978 – 2018: 40 anni dopo l’alluvione (parte 2)
8 agosto 2018, 9 Commenti
Temi: Tempo

La calma dopo la tempesta. L’alba dell' 8 agosto portò tempo asciutto e soleggiato, ma anche la desolazione dovuta alle estese ferite inferte alla popolazione, alle infrastrutture e al territorio dalla furia degli elementi. Si inizia a rimboccarsi le maniche per reagire. Inizia la conta dei danni e – purtroppo - anche quella dei morti.

“Notte di tragedia nella regione del Locarnese”. “Sopraceneri funestato dal maltempo”. “Una notte di paura”.
Con questi titoli i quotidiani descrissero ciò che accadde 40 anni fa. Lo spettacolo che si presentò all’alba dell’8 agosto, quando la pioggia era finalmente cessata, fu desolante: strade interrotte da frane, ponti spazzati via, tralicci dell’alta tensione caduti, case allagate o addirittura distrutte, impianti industriali e di produzione elettrica messi fuori uso, campeggi inondati, raccolti distrutti. Alla lunghissima lista di danni materiali si aggiungeva quella più corta ma non meno pesante della perdita, in Ticino, di sette vite umane. È praticamente impossibile riportare un elenco esaustivo dei danni provocati dall’alluvione, il cui valore fu stimato in decine di milioni di franchi svizzeri di allora.

[...]

Come descritto nel primo blog in poche ore un mezzo diluvio si abbatté sul Sopraceneri e le regioni circostanti. Da quando nel 1864 iniziarono le misure sistematiche fino ad allora non si era mai registrata così tanta acqua su un’estensione così vasta. L’imponente quantità di pioggia, andò inevitabilmente ad ingrossare i fiumi. Secondo una nota dell’allora Ufficio federale della gestione delle acque la portata del Ticino a Bellinzona raggiunse i 1'400 m3/s, mentre la Maggia si stima che arrivò a 4'500 m3/s. Si tratta di una stima perché la violenza delle acque distrusse anche i sistemi di misura …
A titolo di confronto si pensi che il Reno a Basilea in media ha una portata di 1’000 m3/s. Inevitabile che con simili portate l’azione di erosione di torrenti e fiumi fu imponente: tonnellate di materiale, alberi e detriti furono portati a valle, andando a rinforzare l’azione distruttrice delle acque, già di per sé impetuose.

Ora dopo ora, si aggrava il bilancio
Le segnalazioni dei primi tragici danni, iniziarono già il mattino presto del 7 agosto, provenienti dalla Mesolcina a seguito dei locali violenti temporali del giorno precedente. E da allora per 24 ore fu un susseguirsi di notizie che delineavano una dopo l’altra il crescendo di distruzioni che stavano toccando il Sopraceneri e le vicine regioni piemontesi. Nessuna valle superiore fu risparmiata dal maltempo, praticamente tutti i fiumi si ingrossarono, strariparono e trasportarono ingenti quantità di materiale alluvionale. A partire dal tardo pomeriggio e nella serata la situazione, già critica nelle ore precedenti, degenerò completamente al momento in cui le ondate di piena raggiunsero il loro massimo. Ondate rafforzate dal cedimento di alcuni sbarramenti naturali che si erano formati a monte, grazie a tronchi, rami o alberi che avevano temporaneamente sbarrato il corso dei fiumi e dei torrenti.

[...]

Sfogliando i quotidiani di allora risalta in modo chiaro l’opera delle decine di persone che in quei concitati momenti cercarono di portare aiuto a chi, sorpreso dalle acque, si trovò in pochi minuti in situazione di pericolo. Polizia, pompieri, membri dell’esercito e – soprattutto – numerosi volontari si prodigarono per ore per mettere in salvo persone e beni materiali. Senza di loro il bilancio in vite umane sarebbe stato ben più pesante. Per i beni materiali, vista l’intensità dell’evento, ci fu invece ben poco da fare. Le testimonianze di quei tragici momenti sono consultabili grazie agli archivi della RSI: La nostra storia oppure Alluvione 1978
L’alba del giorno dopo permise di iniziare a stilare l’elenco dei danni. E parallelamente, come di nuovo ben testimoniano gli articoli di stampa, iniziò la reazione. Di fronte ad un paesaggio desolato, e ancora stupiti per quanto accaduto, popolazione e autorità iniziarono subito i lavori volti a riportare alla normalità quella parte di cantone rimasta sconvolta. Squadre di intervento, volontari, compagnie dell’esercito giunte anche da oltre Gottardo, protezione civile e pompieri operarono quasi senza sosta. Inizialmente si trattò di ripristinare, anche in modo provvisorio, i servizi più essenziali (distribuzione corrente elettrica, erogazione acqua potabile, ripristino linee telefoniche, collegamenti stradali con le regioni isolate). Ma anche questi primi interventi d’emergenza necessitarono di diversi giorni, tali furono le distruzioni apportate dalla furia delle acque. Quelli volti ad un ripristino definitivo necessitarono, a seconda delle regioni, mesi o anni di lavoro.

La riflessione
L’alluvione del 1978 marcò in modo importante il territorio. Le foto scattate e le immagini televisive ci tramandano testimonianze inequivocabili della forza erosiva dell’acqua defluita verso valle. Difficile a memoria d’uomo risalire a un evento che colpì in modo geograficamente così esteso il versante sudalpino. Ma la memoria dell’uomo non è un metro di misura affidabile per simili eventi che sicuramente sono già avvenuti numerosi in passato. Come possiamo dirlo con certezza? Semplicemente guardandoci attorno. Il territorio ticinese, con la sua complessa morfologia apprezzata dai turisti, nella sua continua alternanza fra valli e montagne, è stato modellato nel passato da innumerevoli eventi alluvionali. In situazioni normali, l’acqua che scorre non ha la forza sufficiente per spostare i sassi o erodere le rive. L’attuale presente è la testimonianza indelebile di ciò che capitò nel passato, migliaia e migliaia di anni fa. Un passato remoto, certo, in cui l’uso del territorio era ben diverso da quello odierno. I fondovalle, oggi, non sono più solo la sede naturale dello scorrere di un fiume, ma sono spazi in cui devono convivere, ravvicinati e a volte sovrapposti, abitazioni e complessi artigianali o industriali, strade e autostrade, collegamenti ferroviari e linee elettriche. L’ingegno e le conoscenze tecnico-scientifiche dell’uomo ci hanno permesso di colonizzare in modo intenso (anche troppo per alcuni) il territorio. L’ambiente che ci circonda e i segnali che, se vogliamo, vi possiamo leggere ci ricordano però la necessità di una convivenza sensata. Perché, nonostante le opere di prevenzione e di gestione del territorio, quando la Natura fa il suo corso, è difficile fermarla. E questo indipendentemente da tutte le discussioni sull’aumento o meno degli eventi alluvionali a seguito dei cambiamenti climatici in atto.

1978 – 2018: 40 anni dopo l’alluvione (parte 2)
di Marco Gaia, meteorologo, MeteoSvizzera
https://www.meteosvizzera.admin.ch/home ... te-2-.html

(Sulla pagina di Meteosvizzera ci sono anche le foto)
«Anche questo era perduto: la corsa tranquilla di un trenino azzurro che si ferma alla povertà delle stazioni di legno dipinto, al piazzale vuoto dove scende la donna con la sporta delle spese» (P. Martini, Requiem per zia Domenica)

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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da Bremen » 07/08/2019, 20:38

Con oggi son 41 anni.

Il testo su Osssola news è quello per i 40 anni... ma vabbe : Smile :
http://www.ossolanews.it/vigezzo/lalluv ... 21138.html

A pagina 20 (40 del testo) la stazione di Druogno con i binari sepolti da almeno 20cm di fango.
http://www.isprambiente.gov.it/it/pubbl ... ontesi.pdf
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da ABFe 6/6 » 23/12/2020, 1:18

L'alluvione del '78

Anno
2020
ISBN
978-88-8281-539-4

Testimonianze e riflessioni

A cura di Elio Genazzi
In coedizione con Museo di Valmaggia

Formato 17 x 24 cm, 208 pagine con illustrazioni in b/n e a colori

Nell’agosto del 1978 un’alluvione colpiva la Svizzera italiana, in particolare le zone del Locarnese e della Vallemaggia, senza risparmiare il resto del Cantone. A distanza di oltre quarant’anni è impossibile dimenticare le vittime di quel maltempo. L’alluvione del ’78 aveva colto parzialmente impreparate le stesse istituzioni, costrette ad affrontare l’emergenza con un dispositivo prevalentemente basato sul volontariato, poco strutturato e privo di mezzi. L’evento ha ben presto indotto le autorità a dotarsi dei necessari correttivi. Il libro raccoglie le testimonianze di chi allora si è occupato in prima persona di far fronte alla tragedia e di chi oggi ne dà una spiegazione scientifica. Attraverso la ricostruzione storica e analitica dei fatti i lettori possono comprendere quanto successo e quanto è stato fatto da allora per scongiurare il ripetersi nel futuro di una simile sciagura.
https://www.editore.ch/shopvm/grandi-ev ... etail.html
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da Bremen » 24/12/2020, 13:41

: Thumbup : : Thumbup :

Me lo segno.
Chissà se nel 2021 riuscirò a fare il mio solito giro a Locarno cosi da comprarlo al mio solito negozio in piazza Grande : Chessygrin :
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Messaggio da ABFe 6/6 » 25/12/2020, 0:55

Sulla ferrovia c'è poco, anche perché da questa parte non fu toccata; però ci sono considerazioni interessanti ad esempio sul ruolo della diga di Palagnedra...
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da cf. » 04/01/2021, 17:37

e c'è una mia foto a pagina 144 ma che con la ferrovia non c'entra proprio niente

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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da ABFe 6/6 » 06/01/2021, 1:03

Notata!
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Re: 1978 - Alluvione in val Vigezzo

Messaggio da Bremen » 29/10/2023, 16:04

Un documento inedito sui costi, stimati, per la ricostruzione dei vari tratti della ferrovia.
La relazione inizia a pagina 18.
https://www.regione.piemonte.it/web/sit ... econda.pdf

Interessante la proposta di montare travi provvisorie in metallo (Delle FS) per completare parzialmente il ponte sul Rio Ragno e sostituire completamente quello di Cutredo (pagina 22).
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